Stefan Zweig a Sorrento.


Stefan Zweig aveva un difetto. Era intelligente. Troppo. E ne aveva anche un altro. Sognava un mondo giusto. Troppo. Oppositore delle dittature. Dei nazionalsocialismi, delle camicie nere e dei grandi e piccoli dittatori. Scrittore, poeta, giornalista, drammaturgo. Sintetizzare chi era Zweig non è per nulla semplice. “Pacifista”. Sì, forse questo è l’ unico sostantivo che secondo me riesce a descriverne ( in parte ) la sua essenza. Perchè Zweig pacifista lo era stato dal primo minuto. Anzi, dal primo conflitto mondiale.
 
«Inerme e impotente, dovetti essere testimone della inconcepibile ricaduta dell'umanità in una barbarie che si riteneva da tempo obliata e che risorgeva invece col suo potente e programmatico dogma dell'anti-umanità».

Così, allo scoppio della grande guerra, descrisse il suo stato d’animo.
Ma inerme ed impotente non riuscì evidentemente a starsene. Prese posizioni. Sempre e comunque. Anche negli anni più bui della scalata al potere di Hitler. “Zweig è l’intellettuale di origine ebrea più pericoloso e per questo deve essere eliminato”. Questa era la nota scritta a piè di pagine in tutte le informative dei servizi segreti nazisti. E così scalò le classifiche degli scrittori perseguitati dal nazismo. Ed Il 10 maggio 1933, nel “rogo dei libri” di Berlino, i suoi testi furono i più bruciati dalla folla. E dalla follia. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, per lui la fuga dall' Europa invasa dalle truppe tedesche, si rese inevitabile. Così New York, divenne la prima tappa di un lungo esilio. E proprio dalla città newyorkese, Zweig, riallaccia i contatti con gli amici del vecchio continente. E tra questi Benedetto Croce e la figlia Lidia. Che negli anni trenta, aveva conosciuto e frequentato durante il soggiorno a Sorrento. 
Così come sempre a Sorrento, presso la "Villa il Sorito" aveva passato interi pomeriggi a conversare con Maksim Gor'kij.

Lo scrittore russo suscitò in lui un misto di ammirazione e turbamento. Non lo comprese mai del tutto, così come mai del tutto gli furono chiari i motivi del suo rifugio sorrentino.
Domande su domande. Sapendo bene di non poter ricevere mai una risposta. Eccolo un altro difetto. Forse quello più grande. Perchè i troppi interrogativi che si poneva gli causarono un corto circuito. Perse d’improvviso la forza. Per combattere. Ma soprattutto per immaginare un futuro diverso. E la resa gli sembrò l’unica via di uscita.
Overdose da Veronal. Il medico legale non ebbe alcun dubbio. Il 23 febbraio 1942 a  Petrópolis, in Brasile,il corpo di Stefan Zweig e della seconda moglie venne trovato privo di vita. Accanto ai cadaveri un bigliettino che recitava così:
«Saluto tutti i miei amici! Che dopo questa lunga notte possano vedere l'alba! Io che sono troppo impaziente, li precedo. (...) Penso sia meglio concludere in tempo e in piedi una vita in cui il lavoro intellettuale significava la più pura gioia e la libertà personale il bene più alto sulla Terra». 

E ai più parve inevitabile accettare la versione ufficiale: “Suicidio”.
C'è da dire però che su questo triste finale in molti hanno visto e continuano a vedere la mano lunga dei nazisti. Che in Brasile, ultima fermata del giro di Zweig, aveva non pochi simpatizzanti.

Pm. 😎
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🕵️‍♂️ Fonte:
✒️📸 Archivio Senato italiano.

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